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Regalo poetico ad Italiano – cap. 3.2

In cui si racconta dell’omaggio poetico di Mosé a Italiano e della discussione che sulla poesia si scatena.

“Canta, o Mosé, dell’Italiano le lodi nel giorno felice del suo compleanno e dispensa a tutti la bellezza e la pace dei versi che sempre sinonimo sono della gentilezza dell’uomo.”

Così, parafrasando, lo invita Tiziano e lui in piedi si pone una volta spente rosse le luci e schiarita la voce e richiesto il silenzio, ecco, declama tra l’altrui strazio i suoi versi.

“Le giornate son ampie grandi
e brillano pungenti
d’un sole presto d’inverno
vivere ora qui non è peccato
non è dolore
ma solo
pace salute e bellezza
godi ti prego
ora qui
dell’altrui lavoro
e della tua festa.”

Un piccolo applauso liberatorio segna dell’esibizione la fine. Esclama Eliana, pittrice: “Maestro, d’amore li avevate promessi!” “Alla prossima tratta” si promette Mosé, Aurelio e Paola contrari.

“Passi per il raccontare” dicono “ma la poesia si sa ormai è morta, defunta, attorcigliata nelle spire dei sentimenti, nel nodo gordiano di egocentrismi pazzeschi, quasi che il mondo solo sia sé.”

“Lo so” concede il maestro “è questo quello che appare, ma credetemi vi prego che tutto non è oscuro richiamo dei sensi, pensiero a sé solo rivolto, ma anche ed ancora, linguaggio che filtra, stringe, concentra, e potenzia quanto dire si vuole.

D’altronde, voi tutti, gente di scienza, sapete quanto importante per voi sia la sintesi, la crasi, pensare per punti, pulire le idee così che risplendano chiare al lettore e tempo non scorra sprecato. Questo fa, se volete, poesia.”

“Sarà, ma quando ci provo, pochino capisco, davvero, e spesso cado dormiente anche a prezzo dei caffè abbondanti bevuti” Floriana così interviene “in ditta sempre taglio gli sproloqui di chi non riesce a tagliare lui stesso e accorcio, riduco, stringo, tutto al massimo in una cartella, ma mi pare che poesia sia troppo concisa, o lunga, al contrario, ma sempre comunque astratta, astrusa, troppo personale tanto da rendere il tutto per me intimamente incomprensibile.”

Così parlò Floriana, la manager, e con lei scossero il capo assentendo Aurelio e Paola, e i due Giorgi, diversi nel sesso, ma non nell’età anagrafica. “Diciamo, Mosé, che il verso ormai è palla mostruosa, gonfiamento di scroto, se scusano, le gentili signore l’espressione un po’ cruda.” Disse Giorgio, aprendo il sorriso, il cui primo dovere, pubblicitario arrembante, era al pubblico tutto far intendere ogni cosa per bene con chiarezza.

“Sì, certo avete ragione. Spesso i poeti son troppo confusi: cosa però sarebbe la vita senza di loro, senza il volo e’l colore dello spazio del cielo? Aria, canto son loro e fitto pensiero che aggruman noi stessi in una sola parola.” Così difende Eliana Mosé e al suo fianco Tiziano si schiera e Francesca, Lia e Franco.

Cosicché la decisione è presa seguendo il principio che vige dalla Rivoluzione Francese: maggioranza regna sovrana ed a lei ognuno si inchina. “Dalla prossima tappa Amor vogliamo ed Amor lieto sia.” Italiano in disparte osserva con occhio un poco lontano. Matti gli paiono i compagni di viaggio che facciano pure: lui il racconto ha già dato e quindi può stare a sentire tranquillo.

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